Momenti del Podcast

00:04 Introduzione

La casa per Tonino di Andrea Guerra

Le case di Tonino Guerra sono vere e proprie opere, sono collage dove anche minuscoli oggetti diventano frammenti di un viaggio nella memoria. Sono una costruzione instancabile. Queste case “opera” si completano via via in una stratificazione perpetua. E come succede nei collage di Parajanov, grande amico di Tonino, le tessere del mosaico non sono mai preziose ma sono un insieme di oggetti domestici, oggetti rovinati o ricordini, opere artigianali, arazzi o vecchie foto.
Ci sono le grandi gabbie con gli sportelli aperti che per Tonino, arretrando nella stratificazione del racconto, rappresentavano la prigione in cui l’uomo si rifugia. Ci sono le anatre di legno che i cacciatori usavano far galleggiare nelle pozze d'acqua del fiume Marecchia per ingannare con la serenità gli uccellini di passaggio. Ci sono le farfalle che da una poesia scritta ricordando il periodo della prigionia in Germania, sono diventate un disegno su una tela antica stampata a mano.
Quel che serve è dunque uno sguardo complessivo che vada oltre all’interesse dell’oggetto singolo, che permetta al visitatore di osservare il circo magico della memoria dove tutto dialoga e il racconto si rinnova da ogni angolazione, trasversale nel tempo e dove, come scriveva Italo Calvino: “il mondo contadino diventa oriente e viceversa”. C’era anche il paesaggio nelle giornate di Tonino.
Lo osservava dalla stanzetta panoramica della scrittura, che in origine era un piccolo portico e che ora è chiuso con una vetrata.
Da una poltroncina Tonino poteva ammirare la valle prospiciente a Pennabilli e così anche il mutare delle stagioni e i disegni geometrici delle coltivazioni dei suoi amati contadini che per Tonino erano “i custodi della bellezza”.
Sotto questa finestra, su una mensola e sempre davanti a lui, i piccoli accessori utili alla pittura ed anche un diario con i ritagli di giornali di cronaca che sarebbero potuti diventare suggerimenti per una trama di un film, ovviamente adornata dalla poesia e dal racconto dello sceneggiatore. Una frase di Tonino ci svela quanto quella piccola postazione fosse per lui luogo di pace e ispirazione: “Se devo scegliere tra guardare un grande monumento o vedere che nevica, scelgo questa seconda occasione”. La Casa dei Mandorli a Pennabilli, come le altre case, è certamente un'opera ma allo stesso tempo è stata anche fonte d'ispirazione, come il Maestro confessò in un'intervista: “I miei grandi viaggi ora sono dentro casa, l'Africa è il mio studio, la sala da pranzo è la Cina”. Questo mondo creato da Tonino ci riporta alla memoria la vetrinetta azzurra nell’appartamento di Piazzale Clodio a Roma, che dietro i vetri nascondeva bicchieri impolverati, qualche cartolina, una bottiglia, fotografie e perfino qualche piccolo cesto di frutta colorata o di pesci argentati creati ad arte per i presepi napoletani. Questa vetrinetta di fronte alla macchina da scrivere, che Tonino osservava con gli occhi socchiusi per “vedere” nuove idee nella sua memoria o nella fantasia. Come quando descrivendo i quadri di Morandi diceva: nelle bottiglie di Morandi c'è tutto perfino i grattacieli di New York.